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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, II, 18
 
originale
 
18 Qui thesaurum inventum aut hereditatem venturam dicunt, quid sequuntur? Aut in qua rerum natura inest id futurum? Quodsi haec eaque quae sunt eiusdem generis habent aliquam talem necessitatem, quid est tandem quod casu fieri aut forte fortuna putemus? Nihil enim est tam contrarium rationi et constantiae quam fortuna, ut mihi ne in deum quidem cadere videatur ut sciat quid casu et fortuito futurum sit. Si enim scit, certe illud eveniet; sin certe eveniet, nulla fortuna est; est autem fortuna; rerum igitur fortuitarum nulla praesensio est.
 
traduzione
 
18 Ma quelli che predicono a qualcuno che scoprir? un tesoro o che avr? un'eredit?, quali indizi seguono? In quale legge di natura ? insito che ci? avverr?? E se anche questi eventi e gli altri dello stesso genere sono soggetti a una necessit? di natura, che cosa c'?, in fin dei conti, che si debba credere che avvenga per caso o per mero giuoco della sorte? Nulla ? tanto contrario alla razionalit? e alla regolarit? quanto il caso, fino al punto che mi sembra che nemmeno la divinit? abbia il privilegio di sapere che cosa accadr? per caso e fortuitamente. Se, infatti, la divinit? lo sa, il fatto avverr? certamente; ma se avverr? certamente, il caso non esiste. Il caso, invece, esiste; non ? dunque possibile alcuna previsione di eventi fortuiti.
 

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